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Pronto a ricandidarmi

ma nel centrodestra tentativi di sabotaggio

L’avvicinarsi delle elezioni amministrative del 2019 comporta una serie di movimenti e attività tese ad imbastire le strategie e le scelte che andranno a determinare la campagna elettorale, mirata alla scelta del prossimo primo cittadino della Città bianca. L’occasione di conoscere la posizione assunta dall’attuale sindaco di Ostuni, Gianfranco Coppola, in vista della prossima tornata elettorale, torna utile per lanciare uno sguardo indietro, e ripercorrere un po’ alcuni dei momenti topici del mandato che volge al termine. Il punto di partenza non può che essere dunque l’ipotesi di ricandidatura, ma quanto è realistica questa possibilità? «Resto disponibile a proseguire l’esperienza amministrativa candidandomi per svolgere un nuovo mandato – spiega Coppola – Siamo tutt’ora in una fase interlocutoria, il dialogo tra i grandi partiti del centrodestra e il sottoscritto non si è mai interrotto. Sia a livello nazionale, che regionale, la partita delle amministrative ostunesi è considerata del tutto aperta. Mi auguravo che il centrodestra restasse unito, invece da qualche tempo assistiamo a dei tentativi di sabotaggio di un progetto politico univoco. Chi ci tiene a riempire le pagine dei giornali è solo una parte della coalizione, ma non intendo esprimere un giudizio in questo senso. Credo sia essenziale individuare un candidato credibile, da contrapporre a chi è intenzionato a ricostituire un potere che la cittadinanza gli ha revocato quasi cinque anni fa. Se dovessi essere davvero il nuovo candidato del centrodestra, mi auguro sia una scelta condivisa, senza strascichi di malumori o insoddisfazioni. Chi mi conosce sa che non ho interessi personali e che ho cercato di improntare la mia esperienza di governo sulla legalità e sulla trasparenza. Tanto c’è ancora da fare e sento di essere pronto a continuare il percorso intrapreso. Non resto ancorato alla poltrona e mi assumo le responsabilità delle mie azioni: sono stato incaricato dai miei concittadini e devo onorare la loro scelta soprattutto adesso, un momento in cui trovano dirittura d’arrivo diversi progetti amministrativi ». Nel centrodestra intanto, tra i primi nomi circola quello del professionista ostunese Luigi Barletta: «Conosco bene Barletta, che alle ultime amministrative ha sostenuto la mia elezione dalle fila di Fratelli d’Italia. Ho grande stima di lui, sia come uomo, che come professionista, ma non credo possegga l’esperienza necessaria per fronteggiare un ambiente in cui circolano tante volpi. Mi sembra comunque che non abbia sciolto ancora il suo riserbo in merito, tant’è vero che si continuano a fare anche altri nomi, perciò restano situazioni ancora tutte da definire». Riavvolgendo il nastro e tornando all’inizio, si aspettava di riuscire ad arrivare al comando della nave governativa all’alba delle amministrative 2019? Devo ammettere che il primo obiettivo era partecipare alla Cavalcata di Sant’Oronzo, quindi si può immaginate il clima di allora. Pur avendo avuto un suffragio enorme, la legge elettorale vigente non mi ha permesso di governare e la cosiddetta “anatra zoppa” ha creato delle problematiche sin dal primo momento. Ne siamo usciti cercando di trovare le soluzioni adeguate ai vari episodi che hanno caratterizzato questi ultimi cinque anni. Ho sempre detto che mi sarei mosso lavorando in staff, cioè con gente che prende delle decisioni insieme, che elenca problemi e che poi dà anche una serie di soluzioni, a cui segue la capacità di sintesi che deve avere il sindaco, cercando la soluzione migliore di quelle prospettate. Con la prima giunta, data l’inesperienza mia (nonostante i miei dodici anni di consigliere di opposizione) e delle persone che ho nominato, ci siamo trovati ad affrontare un momento complesso, perché le leve di comando sembravano un po’ arrugginite ed inceppate. Anche chi è fuori dalla realtà amministrativa conosce le dinamiche di un lunghissimo periodo di reggenza piuttosto accentratore. Io ho voluto dare un’impronta diversa, è chiaro che sconvolgere un contesto non è stato facile, però siamo andati avanti. La cosa peggiore era avere numeri stringati e risicati, quindi qualsiasi mal di pancia di chiunque, poteva costituire un problema al buon andamento della macchina amministrativa». Tra questi momenti, vanno certamente annoverati esperienze come quella della giunta tecnica e dell’alleanza con il Pd: «Si sono insediate tre giunte, la prima che ho tirato fuori dalle liste che mi avevano sostenuto, senza che ci fossero stati degli accordi particolari antecedenti alla consultazione elettorale. Poi per quei numeri di cui si diceva poc’anzi, ho dovuto operare una scelta, che è stata quella di un’alleanza con il partito più suffragato. L’ho fatto perché avevo e ho stima dei consiglieri che siedono ancora in consiglio comunale, pur adesso facendo parte dell’opposizione. La cosa dava una certa tranquillità, e poi devo dire che la giunta tecnica aveva dei nomi professionalmente competenti nei rispettivi rami. Quel periodo di quasi due anni mi è servito per conoscere a fondo la macchina amministrativa, ho avuto il coraggio in un particolare momento di attuare la rotazione dei dirigenti, perché previsto dalla legge e per un discorso di trasparenza e legalità. Forse è stato un po come darsi la zappa sui piedi, ma era una segnale importante da dare per far capire all’interlocutore che tutti sono utili ma nessuno è indispensabile nel proprio ruolo. Il matrimonio con il Pd poi ad un certo punto è terminato, perché gli attriti all’interno di quella maggioranza si facevano sempre più insistenti, per cui la parte del Pd ha immaginato di ritirare i propri assessori. Quindi ho dovuto procedere con la terza fase, quella attuale, anche in questo caso ho dovuto lottare non poco». Tra le tante iniziative in cui si è speso o di cui si è fatto portavoce come primo cittadino della Città bianca, c’è un progetto che ricorda con più orgoglio? «Il fatto di aver tenuto presente sempre l’elemento umano nella mia azione di governo, perché l’essere umano sta al centro di ogni cosa. Anche quando parliamo di servizi sociali o della sanità e si fa riferimento a numeri, dietro ad essi ci sono persone con nomi, cognomi e problematiche, quindi la persona deve essere sempre al centro di tutto. Il “Premio Sallentino” 2016, consegnatomi proprio per l’aspetto umano e culturale che il mio mandato stava svolgendo, mi rende orgoglioso. Anche nell’ambito dei lavori pubblici è stato fatto tanto. Quando mi sono insediato parecchie strutture sono diventate inagibili, scuole incluse. Ho avuto l’incoscienza di far fare una perizia tecnica su tutte le infrastrutture e abbiamo verificato come non fosse mai stato fatto un piano di ristrutturazione per immobili comunali e pubblici, e da lì siamo partiti con una serie di attività. Parlando di risorse esigue, abbiamo anche deciso di mettere in vendita qualche “gioiello di famiglia”, per cercare di tenere al passo il patrimonio immobiliare comunale senza che lo stesso risultasse a tratti fatiscente. Un mio pallino era poi creare un alleggerimento del traffico e punti di snodo che ne migliorassero la flessibilità, quindi il progetto della rotonda di via De Laurentis, che sembrava impossibile e che ha risolto grossi problemi di viabilità. Oggi portiamo in giunta la fattibilità del progetto della rotonda sulla via di Fasano, un altro punto sensibile per la fluidità del traffico. Eppoi abbiamo sistemato le fontane pubbliche, i marciapiedi, i sampietrini, la ztl. Tra le opere pubbliche grida vendetta “Casa della musica” costata 750mila euro e, dopo un anno e mezzo, risultata essere fatiscente per umidità e lesioni riscontrate, inagibilità di acqua e fogna. Tra qualche giorno verrà inaugurata di nuovo, restituiremo un bene importante alla città. L’increscioso episodio del crollo dell’intonaco del Pessina, è stato un po’ la linea di demarcazione con quello che era il modo, secondo me sbagliato, di portare avanti appalti, gare e lavori, e i fatti me ne hanno dato ragione (dopo il Pessina è venuta fuori la Casa della musica e poi altre opere pubbliche nelle quali abbiamo rischiato di rimandare indietro le risorse). Abbiamo dato casa non solo a chi ne aveva necessità, riutilizzato i beni confiscati alla criminalità (il primo soccorso a Villanova ad esempio) e ripristinato una delegazione della Capitaneria di porto a Villanova. Il porto vede finalmente un progetto definitivo seppur privato. Insomma abbiamo lavorato con mille difficoltà e tanti problemi, un anatra zoppa che continua camminare sulle sue zampe e, seppur claudicante, sta percorrendo la sua strada». È ancora un po’ presto per tirare le somme riguardo ulteriori bilanci conclusivi ma, umanamente, questa avventura cosa le ha lasciato finora a livello personale? «Ci è voluta pazienza e spalle larghe, ho digerito tanti rospi e altrettanti attacchi. Alcune volte motivati, perché non siamo certo onnipotenti da riuscire a risolvere tutto, ma altre volte gratuiti. Devo ricordare che la campagna elettorale precedente è stata di una violenza inaudita, qualcuno ha tirato in ballo problemi che non centravano nulla con la politica. Tengo sempre in disparte i miei problemi, la mia famiglia, i miei figli, da qualsiasi tentativo di ingerenza, e tutti gli altri dovrebbero fare la stessa cosa. Talvolta quando non riescono ad attaccarti amministrativamente, immaginano di tirar fuori altri argomenti, che però io credo tornino come un boomerang contro chi li utilizza. Ho sempre sostenuto di dormire sonni tranquilli di notte, perché consapevole di aver profuso nella giornata appena trascorsa tutte le mie energie per il bene della collettività. Ritengo di non aver fatto nulla di così sbagliato da creare delle problematiche. Sicuramente potremmo aver sbagliato in alcune decisioni, ma senza mai guardare all’interesse della persona come individuo, ma nel rispetto del ruolo, poi se qualcuno di questo problema ne ha fatto un discorso personale, me ne dolgo. Nessuno è indispensabile e tutti dovremmo essere utili al bene della comunità».

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