Matteo Salvini e Luigi Di Maio scaricano i loro poker d’assi sul tavolo dell’accordo di governo: reddito di cittadinanza, flat tax, immigrazione ed anche il nodo del conflitto di interessi. Passando anche dall’esame della legge Fornero. I due alleati si mettono alle spalle il certosino lavoro del team di esperti coordinati da Giacinto della Cananea, incaricato dal M5s di individuare l’agenda per possibili convergenze di programma. E vanno subito al dunque. «Il tema immigrazione, sicurezza sbarchi sarà parte fondante del programma del governo» promette Salvini. Con la Lega «ci sono ampie convergenze sul reddito di cittadinanza, il conflitto d’interessi, sulla tassazione della flat tax. Ci sono tante buone cose da fare», dice Di Maio. Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, non nasconde la preoccupazione, quando, ad esempio, stigmatizza il ritorno di anacronistiche «formule ottocentesche» dense di nazionalismi che dovrebbero essere ormai digerite nel percorso della storia. O come quando mette in guardia da una subdola «narrazione sovranista » che serpeggia in Europa. Forme di ricerca del consenso assai seducenti ma altrettanto pericolose. Politiche primordiali, a tratti istintive, che il presidente si augura vengano superate con la maturità politica che si acquisisce quando si passa dall’altra parte. Cioè al governo del Paese. Di tutto il Paese.