Da Ceglie Messapica si prende la S.P. 24 in direzione di Villa Castelli, percorsi due chilometri si svolta a destra per contrada Ferruzzo, di lì a poco si raggiunge “La Masseria Lo Jazzo”. Per strada muri a secco, trulli, macchia, olivi e pietre irsute che spuntano dal terreno; la masseria non è immediatamente visibile dalla strada, la macchia e le alte piante la nascondono alla vista. Lo Jazzo è una masseria di pecore; probabilmente era una masseria satellite all’interno di una proprietà ancora più grande che vedeva raggruppate masserie-opificio con differenti funzioni e destinazioni di lavoro. La casa del massaro è grande, due ampie stanze poste in alto, tutta di pietra; in basso i locali per stipare i prodotti della terra, per fare i formaggi e le stanze dei sottoposti. A sinistra due trulli, a destra il forno, davanti il grande spiazzo e dietro le corti con i ricoveri per le pecore. Poco distante, in alto, la grande aia di pietra. Non c’è traccia di luoghi sacri, cappelle, Madonne, santi, nulla, niente di niente. Mi dice Domenica: “I miei zii mi raccontavano che in passato, tante volte, uno di loro passava la notte fuori col fucile dietrocarico per proteggere la casa e le pecore dai ladri”. Erano tempi difficili. “Quando sono arrivata qui, era tutto abbandonato, questo posto era terra di nessuno”. C’è voluto tanto lavoro per arrivare ad oggi, non abbiamo toccato niente, non abbiamo modificato niente”. Domenica Ligorio e Nicola Zucchi hanno cominciato a lavorare nella masseria nel 1998 ed infine sono riusciti a trasformare l’opera dell’uomo in un opera d’arte sempre contemporanea… e senza toccare niente. Hanno pulito la pietra, gli infissi, il grande piazzale, le chianche della casa, potate le piante e tutto il resto. Di nuovo ci sono gli arredi e le suppellettili ma sono stati sistemati in modo da non essere mai invadenti; tutto guarda avanti, mai indietro. Il trullo dove veniva stipato il foraggio è diventato un “Bibliotrullo”, l’aia il palcoscenico per le attività di teatro, una delle stanze sotto la casa, laboratorio per le attività dei bambini. Lo Jazzo qualche anno fa è diventata una “Masseria sociale” grazie ad un intervento realizzato con i contributi del GAL Altosalento, qui si sono organizzate attività per i malati di Alzaimer e per i bambini autistici. Non c’è il ristorante, non ci sono le camere per il B&B ma in alto, vicino all’aia c’è una scultura di Davide Dall’Osso: un grande centauro inginocchiato che parla al Cielo. C’è anche una grande quercia dove si fa convegno. Pietra, pietra e pietra; conci squadrati ad arte, calcare duro e pieno di fossili utilizzato per la casa, per i trulli, per la corti, per i muri a secco. Tutto a faccia vista, dentro e fuori. Cosa assai particolare, qui la pietra non è mai quella massa di abbondante ed esuberante materia che schiaccia l’osservatore ma è piuttosto simile alle squame di un sauro fantastico che esce ed entra nella terra, che si arrotola su se stesso e poi si dipana nelle corti degli animali e nei camminamenti tra i muri a secco. La pietra è la memoria della Terra, racconta ciò che ad essa è accaduto quando è modellata dall’uomo prende forme che raccontano la vita che si è svolta. Lo Jazzo ( spiazzo, luogo di sosta, ovile) è una masseria di ventiquattro ettari situata a più di trecento metri di altitudine, sta vicino alla “Via della Transumanza”, tratturo che serviva a portare le greggi dalla Murgia al Salento. Potrebbe essere stata un luogo di sosta per le greggi che dall’interno andavano ai pascoli verso sud. Oggi qui non c’è traccia né di cappella né di luogo sacro, era questa una masseria troppo grande per non averne alcuno. Può essere accaduto che massari e pastori facessero riferimento alla chiesa di una masseria vicina per la pratica del culto. Domenica e Nicola hanno di fatto inventato una nuova tipologia di masseria”la masseria dell’impalpabile” Allo Jazzo non c’è una “massa” di animali o di prodotti della terra che sono stati stipati per la sopravvivenza ed il commercio, stanze per il B & B, una SPA o un ristorante extra lusso. In questa masseria si possono trovare, messi in buon ordine, fatti accaduti, saperi, racconti, rappresentazioni teatrali, poesie, letterature, esibizioni, musica, scienze, arte, visitatori curiosi ed incantati, artisti che di fatto lo sono o che soltanto credono di esserlo, scrittori, musica, giochi, l’allegria di chi è ancora giovane, la fantasia dei bambini, il sapere degli anziani, stanze studio e laboratori. Non so dire se allo Jazzo prima o poi ci sarà anche un ashram, un tempio, una sinagoga, una moschea, una cappella, un dolmen o un qualsiasi altro sacro manufatto. Ma il fatto che questa masseria esista con queste forme e funzioni in tal modo da dodici anni è già di per sè un piccolo miracolo.